Le ossessioni sono pensieri o immagini ricorrenti e invasivi, le compulsioni sono azioni che hanno lo scopo di neutralizzare l'ansia dovuta alle ossessioni. Ma ossessioni e compulsioni non sono gli unici sintomi del DOC.
Il Disturbo Ossessivo Compulsivo (DOC) è uno dei disturbi fra i più conosciuti anche nella cultura popolare, tanto che numerose opere letterarie e film sono stati scritti sull’argomento. Ed è anche fra i più diffusi, visto che può arrivare a colpire dal 1,4 al 2% della popolazione.
Questi numeri potrebbero sembrare contenuti, ma non lo sono. Se pensiamo all’Italia, infatti, ne risulta che circa 1 milione di persone soffrono del Disturbo Ossessivo Compulsivo. Fra l’altro, il dato si riferisce solo alle forme conclamate di DOC, ossia quelle i cui sintomi raggiungono una gravità sufficiente a richiamare l’attenzione clinica. Forme transitorie o subcliniche di DOC sono probabilmente ancora più frequenti, dato che avere pensieri intrusivi e rispondervi mettendo in atto compulsioni sembra, in qualche modo, una tendenza innata dell’essere umano.
In questa pagina vedremo tutto quello che c’è da sapere per riconoscere i sintomi del Disturbo Ossessivo Compulsivo, tenendo anche conto delle tante forme che può assumere e che complicano la diagnosi.
Il DSM 5, il manuale diagnostico utilizzato dai clinici a livello mondiale, sottolinea che debbano essere soddisfatti i seguenti criteri A, B, C e D per formulare la diagnosi di DOC.
A Devono essere presenti ossessioni e/o compulsioni. Le ossessioni sono definite dalle seguenti caratteristiche:
La diagnosi di DOC può essere formulata anche per la sola presenza di ossessioni. La natura tipicamente ansiogena ed allarmante del contenuto delle ossessioni, tuttavia, porta nella maggior parte dei casi l’individuo ad agire comportamenti allo scopo di neutralizzarle. Tali comportamenti, o compulsioni, sono definiti dalle seguenti caratteristiche:
B Il secondo criterio riguarda le conseguenze delle ossessioni e delle compulsioni sulla vita quotidiana. La diagnosi di DOC andrebbe formulata solo se le ossessioni e le compulsioni perdurano almeno 1 ora al giorno o per lo meno causano disagio interferendo con le attività in ambito familiare, sociale o lavorativo (scolastico, nel caso di bambini e ragazzi). Spesso le persone affette da DOC non riescono a frequentare situazioni sociali, sono ritirate o hanno una vita relazionale povera. In alcuni casi i sintomi impediscono di svolgere adeguatamente il proprio lavoro e se raggiungono una certa gravità possono essere motivo di autolicenziamento.
C Il terzo criterio riguarda la causa dei sintomi. Come è noto, infatti, particolari condizioni mediche o l’utilizzo di sostanze (farmaci o stupefacenti) possono produrre ossessioni e compulsioni simili a quelle del DOC. Non dovrebbe essere diagnosticato il DOC se si sospetta che i sintomi siano dovuti al consumo di sostanze o a condizioni mediche.
D Il quarto e ultimo criterio riguarda la cosiddetta diagnosi differenziale, ossia il processo attraverso cui si scarta l’ipotesi di altri disturbi psicologici. Il DOC, infatti, ha diverse somiglianze con il Disturbo d’Ansia Generalizzato in cui si osservano preoccupazioni ricorrenti e ricerca di rassicurazioni o con il Dismorfismo Corporeo, in cui l’ossessione è centrata su una parte del proprio corpo ritenuta difettosa o inadeguata. O, ancora, con l’Anoressia Nervosa, in cui si osservano comportamenti alimentari ritualizzati. Non è semplice distinguere il DOC da tutti i disturbi che hanno caratteristiche simili ed è anche questo, molto spesso, a trarre in inganno il clinico.
La consapevolezza della natura dei propri pensieri o convinzioni, anche detta insight, varia da persona a persona. In altri termini, ciascuno di noi ha una differente capacità di porsi domande sui propri pensieri e di sviluppare convinzioni. Alcuni tendono a dubitare, altri li prendono subito per buoni; alcuni sanno ragionare con un certo distacco, altri si immedesimano del tutto nei propri ragionamenti.
Nella diagnosi del DOC si dovrebbe sempre specificare il livello di consapevolezza del paziente, cioè quanto è in grado di ritenere i propri timori eccessivi e irrazionali. Si distinguono quindi 3 sottotipi:
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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