disturbi d'ansia e ossessivi

I quattro tratti della mente ossessiva

A tutti capita di preoccuparsi senza validi motivi, in particolare agli ossessivi che, cadendo in questa trappola, finiscono preda di paure inutili. Ecco perché.

come ragiona un ossessivo

Il battito del cuore, la respirazione, la digestione, la produzione di questo e quell’ormone, il metabolismo, lo smaltimento delle tossine. Tutto ciò che accade dentro di te, in un modo o nell’altro, ha a che fare con il cervello.

Ma, oltre a essere il centro di controllo delle funzioni corporee, il cervello è anche una finestra sul mondo.

In primo luogo, individua schemi fra eventi, elaborando rappresentazioni sulle regole che governano la realtà. Da qui l’insopprimibile curiosità umana, il bisogno di capire.

Inoltre, immagazzina memorie, catalogando le esperienze come positive o negative, dolorose o piacevoli, utili o dannose. Lo fa senza sosta, perfino ora, comunicandoti la piacevolezza o la spiacevolezza nel leggere questo articolo, in base a un’interpretazione in buona parte soggettiva: ecco perché ciascuno di noi ama, desidera, detesta, teme cose diverse, è attratto da taluni stimoli e ne rifugge altri.

Riassumendo, il cervello cerca rapporti di causa-effetto e accumula ricordi. Lo scopo? Migliorare le tue probabilità di sopravvivenza. Stai passeggiando in un bosco, sulla via del ritorno, quando scoppia un acquazzone. All’improvviso il cielo plumbeo è rischiarato dalla sottile e luminosissima striscia di un fulmine. A un centinaio di metri di distanza un albero si incendia. La spiegazione: è il fulmine ad aver prodotto il fuoco. La conseguenza: in futuro sarà bene stare alla larga dai boschi, durante i temporali…

Purtroppo, però, questo meccanismo non è infallibile. Anche a te sarà capitato di formarti idee irrazionali, basate su opinioni più che su dati di fatto e di preoccuparti senza che ve ne fosse un valido motivo.

Gli ossessivi, in particolare, cadono in questa trappola, finendo preda di paure inutili. Continuando a leggere scoprirai perché.

La prima caratteristica della mente ossessiva: l’inconsapevolezza della natura mentale dei pensieri

Un caro amico non sta attraversando un buon momento così, per non lasciarlo solo, lo hai invitato a cena. Dargli conforto, però, è una vera impresa: è giù di morale e ogni sua parola è velata di pessimismo. Ma tu tieni duro, cercando di suggerirgli un atteggiamento più leggero e propositivo per affrontare i guai.

Puoi farlo perché, pur comprendendone lo stato d’animo, capisci che il suo atteggiamento non è costruttivo. Ma se quelle parole provenissero non dalla sua bocca, ma dalla tua mente, riusciresti a conservare la stessa lucidità?

Prova questo semplice esperimento. Dai uno sguardo a ciò che ti circonda, poi chiudi gli occhi. Fai un piccolo sforzo, immagina un incendio che sta divampando rapido intorno a te: il fuoco che divora gli oggetti e li incenerisce, l’odore di bruciato che ti invade le narici. Non puoi fuggire.

Di certo, durante l’esercizio sarai riuscito a tenere presente l’irrealtà della scena. L’hai evocata tu! Ma se, invece, avessi iniziato a credere che quelle immagini corrispondessero al vero? Ti sarebbe preso il panico.

In effetti il cervello è “qualcuno” che parla da dentro di noi, a prescindere dal nostro volere. A volte produce idee, impulsi, sentimenti sgradevoli o ansiogeni. Quando lo fa, è difficile non prestargli fede e mantenere, nei suoi confronti, lo stesso distacco che riserviamo alle parole altrui.

Alcuni, tuttavia, hanno particolari carenze nella capacità di porre distanza fra sé e i propri pensieri, cioè nell’accorgersi che questi ultimi, essendo prodotti mentali, non sempre dicono il vero.

Esempi perfetti di eventi mentali indesiderati sono le ossessioni, tipiche di chi soffre di Disturbo Ossessivo-Compulsivo.

Le più comuni ossessioni riguardano la possibilità di contaminarsi, di contrarre malattie entrando in contatto con determinati oggetti o circostanze; di provocare danni, di ferire o uccidere qualcuno contro la propria volontà, per esempio dimenticando aperti i rubinetti del gas o in un raptus; di perdere persone amate; di avere certi pensieri sessuali, per esempio verso i bambini; di agire in modo peccaminoso, impuro, sacrilego, disonesto, cioè contrario a valori morali o religiosi.

Per compulsione si intende qualsiasi comportamento agito per rimuovere, neutralizzare, evitare il verificarsi dell’accadimento temuto e l’ossessione stessa. Lavarsi le mani dopo aver toccato un oggetto “contaminato”, per esempio, ha lo scopo di scacciare la paura di subire il contagio. Nonostante non vi sia alcun fondato motivo per sostenere che quell’oggetto sia infetto, chi soffre di Disturbo Ossessivo-Compulsivo si sente costretto ad agire la compulsione. Ciò, per via dell’incapacità di considerare le ossessioni per quello che sono: prodotti della mente.

Tuttavia, l’inconsapevolezza della natura mentale dei pensieri non è l’unico tratto distintivo di chi è ossessivo. Ve ne sono almeno altri tre.

L’eccessivo senso di responsabilità, il pensiero magico, l’estremo bisogno di controllo

1 Il senso inflazionato di responsabilità. Immagina di avere discusso con un collega su un progetto sul quale state collaborando. Gli hai esposto alcune critiche, punti che, a tuo parere, dovrebbero essere rivisti. Siete nel bel mezzo di un periodo stressante, in vista di importanti scadenze, non potete permettervi cali di concentrazione. Lui si è dimostrato cooperativo, eppure ti sembra che sia rimasto amareggiato. In fondo è comprensibile, anche se lo hai espresso con educazione, il succo del tuo discorso era: “Avresti potuto lavorare meglio”. La mattina dopo, appena tornato in ufficio, qualcuno ti comunica una notizia orribile: durante la notte, il collega è morto d’infarto. Fragorosa e rapida come un colpo di fucile, dentro di te si fa largo una certezza: “Sono stato io”.

Con l’espressione senso inflazionato di responsabilità si indica la tendenza a ingigantire la portata dei propri atti e a credere di avere colpe oggettive per accadimenti che, in realtà, hanno altre cause.

Chi soffre di DOC è terrorizzato dal sentirsi colpevole. Alla base vi è, spesso, una morale e un senso del bene e del male piuttosto semplici e rigidi. In generale, l’atteggiamento di queste persone è inflessibile: altro effetto dell’incapacità di considerare i pensieri come eventi mentali è la difficoltà ad assumere prospettive differenti.

Ma il senso di responsabilità inflazionato è, in buona parte, anche la conseguenza di un altro tratto caratteristico degli ossessivi, cioè l’irrazionalità nello stabilire rapporti di causa-effetto. A tal proposito si parla di pensiero magico.

2 Il pensiero magico. L’irrazionalità è una peculiarità degli ossessivi. In sostanza, l’ossessivo-compulsivo trova schemi fra eventi laddove non ve ne sono. Questo, anche perché le sue conclusioni si basano sul cosiddetto pensiero magico.

Dopo una lunga e stancante giornata di lavoro sei di nuovo a casa: il divano ti appare come un’oasi in un deserto. Hai bisogno di stenderti per qualche minuto, chiudere gli occhi e recuperare le forze. Nemmeno il tempo di fare un passo, però, e i tuoi figli invadono il salotto come cicloni. Vogliono salutare il papà, raccontargli la giornata, giocare. Hanno quattro e sei anni e un sacco di energie, nonostante l’ora... Dentro di te esplode la frustrazione. Vorresti solo un po’ di pace. Ma quelle emozioni rabbiose ti sconvolgono: “Significa che, in fondo, li odio, che voglio fargli del male!”.

Questa conclusione si basa su un tipo di pensiero magico noto come fusione pensiero-azione: l’ossessivo compulsivo è convinto che pensare equivalga ad agire. Quindi si allarma per ogni idea o sentimento sgradito, colpevolizzandosi e preoccupandosi per atti che mai commetterebbe e che, anzi, lo atterriscono.

Un altro tipo di pensiero magico è la fusione pensiero-evento, che consiste nel credere che pensare a un determinata circostanza sia sufficiente perché essa si verifichi. Per esempio, che immaginare la morte di una persona amata possa far avverare il decesso.

Come potrai intuire, l’ossessivo che cade in queste trappole si sentirà costretto a evitare, allontanare, rimuovere qualsiasi pensiero o sentimento indesiderabile: “Se non ci riesco accadrà il peggio e io ne sarò responsabile”.

Il motivo di questo irrazionale convincimento? Uno sconfinato e inestinguibile bisogno di controllo.

3 Il bisogno di controllo. Immagina se, al rientro da un lungo viaggio in auto, all’improvviso ti venisse il dubbio di aver investito un pedone, di averlo urtato in un momento di distrazione. Se fossi ossessivo-compulsivo il solo pensiero ti allarmerebbe. Saresti travolto dal senso di colpa, dal rimorso di non esserti fermato a prestare soccorso e dalla paura di essere scoperto, additato come responsabile. Tutto ciò, senza alcuna prova concreta di avere causato l’incidente.

Infatti, il tuo ragionamento sarebbe: “Se non mi sono accorto di nulla, come posso essere sicuro di non averlo fatto?”. O peggio: “Se sto pensando di averlo fatto, è perché l’ho fatto!”. Allora proveresti a richiamare alla memoria ogni metro del tragitto compiuto, per assicurarti di essere innocente.

Purtroppo, però, la memoria umana non è un nastro registrato: è frammentaria, piena di lacune, di spezzoni ripetuti e sovrapposti. Ma tu penseresti: “Se non ho ricordi precisi del tragitto, significa che ho guidato in modo distratto. Forse allora ho davvero ucciso qualcuno!”. Allora sprofonderesti nel panico. Potresti arrivare al punto di spendere ore sul web nella lettura degli ultimi articoli su decessi provocati da automobilisti pirati o, addirittura, di rimetterti alla guida e ripercorrere, a ritroso, la strada alla ricerca di segni di incidenti.

Chi soffre di DOC vive nel terrore di perdere il controllo, essendo incapace di tollerare il dubbio, l’incertezza e il senso di colpa. Per rassicurarsi, rimugina sulle decisioni da prendere, procrastinandole fino a quando sarà sicuro di non commettere errori; oppure agisce con puntigliosità, controllando e ricontrollando i dettagli del suo operato. Il medesimo trattamento è riservato ai pensieri, traducendosi nel tentativo di rimuovere, alla radice, ogni evento interno “pericoloso”.

Ma questi accorgimenti non sortiscono gli effetti sperati diventando, anzi, una schiavitù. E il senso di vulnerabilità non passa.

© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.

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