Il Disturbo Depressivo Maggiore comprende vari sintomi fra cui: umore basso, incapacità di trarre soddisfazione dalle attività e dalle relazioni, irritabilità. Scopri gli altri!
Nel linguaggio comune lo sconforto, la disperazione e l’incapacità di reagire alla tristezza si definiscono “depressione”. In psicologia clinica e in psichiatria, però, questo termine è generico e rimanda a una varietà di disturbi.
La maggior parte di essi è raggruppata nella categoria dei Disturbi Depressivi, che comprende fra gli altri la Distimia, una forma di depressione caratterizzata da sintomi cronici; la Disforia Premestruale, che si manifesta con irritabilità e tristezza nel periodo precedente al mestruo; il Disturbo da Disregolazione dell'Umore Dirompente, che si manifesta con una continua irritabilità e con scoppi di rabbia; il Disturbo Depressivo indotto da farmaci o sostanze, quali droghe o alcool; il Disturbo Depressivo indotto da cause mediche, per esempio l’ipotiroidismo.
Oltre a quelli appena citati, la categoria comprende anche il disturbo dell’umore per antonomasia, il Disturbo Depressivo Maggiore.
Tutti i disturbi depressivi sono caratterizzati dalla tristezza, dal senso di vuoto, dall’umore irritabile, da sintomi somatici e pensieri negativi su di sé, sugli altri e sul futuro. Quello che li differenzia è la durata, la frequenza dei sintomi e le circostanze responsabili della loro insorgenza.
Il DSM 5, il manuale edito dall’American Psychiatric Association e utilizzato dagli operatori della salute mentale di tutto il mondo, elenca i seguenti criteri per la diagnosi del Disturbo Depressivo Maggiore.
A Devono essere presenti almeno 5 dei seguenti sintomi. La loro durata non deve essere inferiore alle 2 settimane e almeno uno di essi deve essere l’umore depresso (punto 1) o la perdita di interesse e piacere nello svolgere attività in precedenza amate (punto 2).
B I sintomi al punto A causano stress, disagio significativo e/o l’incapacità di gestire le relazioni sociali, famigliari e il proprio lavoro. I più piccoli possono avere difficoltà o demotivazione nell’affrontare la scuola, oppure nello studiare o nel frequentare gli amici.
Nessun disturbo come la depressione compromette la capacità o il desiderio di stare in famiglia, di frequentare amici, di svolgere il proprio lavoro. L’insonnia, l’irritabilità, il senso di vuoto, di inutilità e le difficoltà a concentrarsi rendono tutto troppo impegnativo: il lavoro appare oltremodo gravoso, le relazioni sociali prive di scopo, la famiglia solo una fonte di stress.
C I sintomi al punto A non devono essere una conseguenza degli effetti di una sostanza, di un farmaco o di una condizione medica. Nel caso, infatti, che essi siano meglio attribuibili all’uso di sostanze o agli effetti di un farmaco, la diagnosi non dovrebbe essere di Disturbo Depressivo Maggiore ma di Disturbo Depressivo indotto da farmaci o sostanze mentre nel caso i sintomi siano dovuti a una condizione medica, quale l’ipotiroidismo, la diagnosi dovrebbe essere di Disturbo Depressivo indotto da cause mediche.
D I sintomi al punto A non devono essere una conseguenza del Disturbo Schizoaffettivo, della Schizofrenia, del Disturbo Schizofreniforme o di qualsiasi altro disturbo dello spettro schizofrenico o psicotico. È noto, infatti, che questi disturbi possono manifestarsi, al pari del Disturbo Depressivo Maggiore, con sintomi quali l’affettività appiattita, il senso di colpa, di vuoto e di mancanza di valore. Distinguerli dal Disturbo Depressivo Maggiore non è sempre semplice ed è un procedimento che il clinico compie anche giudicando la pervasività, la durata, la data d’esordio dei sintomi e il livello di funzionamento premorboso del paziente.
Il Disturbo Depressivo Maggiore può essere, inoltre, confuso con il Disturbo d’Ansia Generalizzato, con cui condivide sintomi somatici quali l’insonnia e la facile affaticabilità, e psicologici, come il rimuginio e i sensi di colpa. A differenza del primo, tuttavia, il Disturbo d’Ansia Generalizzato ha come aspetto centrale il timore che possano accadere eventi negativi quali la perdita dei propri cari, una malattia, un licenziamento o il peggioramento delle condizioni lavorative.
E Nel periodo precedente non devono essersi verificati episodi maniacali o ipomaniacali. Per “episodio maniacale” s’intende un periodo in cui l’umore è elevato in modo innaturale: si possono osservare logorrea, ridotto bisogno di sonno, agitazione, autostima ipertrofica, idee di grandiosità e mancanza di limiti.
Nel caso in cui, in precedenza alla depressione, si siano osservati sintomi di questo tipo, la diagnosi dovrebbe indirizzarsi verso la categoria dei disturbi bipolari. Un’eccezione alla regola si ha nel caso in cui gli episodi maniacali o ipomaniacali precedenti alla depressione siano stati indotti da farmaci, da sostanze o da una condizione medica. In questo caso, può comunque essere fatta diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore.
La varietà con cui i sintomi del Disturbo Depressivo Maggiore si presentano, da caso a caso, impone sempre un adeguato approfondimento della diagnosi.
Occorre, innanzitutto, stabilire se l’episodio depressivo, così come descritto al punto A, si è presentato una sola volta o è ricorrente. Si definiscono “ricorrenti” gli episodi intervallati da almeno 2 mesi in cui i sintomi sono scarsi o assenti.
Si dovrebbe specificare, inoltre, la gravità del disturbo, distinguendola in lieve, moderata o grave. La scelta dipende dal numero di sintomi, dalla loro intensità e dalla compromissione funzionale che producono. Si definisce lieve la depressione in cui sono presenti sintomi sufficienti per fare diagnosi ma la loro intensità è contenuta e non determinano l’incapacità di gestire le relazioni famigliari, sociali o il proprio lavoro. Si definisce moderata la depressione in cui il numero, l’intensità dei sintomi e la compromissione famigliare, sociale e lavorativa sono maggiori del livello “lieve” ma minori del livello “grave”. Si definisce grave la depressione in cui molti o tutti i sintomi del punto A sono soddisfatti e il paziente risulta incapace di gestire o portare avanti le relazioni sociali, famigliari e il proprio lavoro.
In aggiunta, si dovrebbe valutare se l’episodio depressivo è accompagnato da manifestazioni psicotiche, cioè idee deliranti o allucinazioni. In caso affermativo, si distinguono due eventualità. La prima è che le manifestazioni psicotiche siano congruenti con l’umore, e ciò si verifica se i deliri o le allucinazioni sono in linea con il contenuto depressivo delle idee del paziente (per esempio, se riguardano i sensi di colpa o la convinzione di meritarsi una punizione per le proprie mancanze). La seconda si ha nel caso opposto, cioè quando le manifestazioni psicotiche non sono congruenti con l’umore. In questa condizione, il paziente esprime idee deliranti e vive allucinazioni che hanno un contenuto non in linea, o non del tutto in linea, con il proprio umore depresso.
Infine, si specifica se l’episodio depressivo è in parziale o in totale remissione. Nel primo caso, i sintomi sono ancora presenti ma non nel numero o con intensità sufficiente per porre diagnosi, oppure non sono trascorsi ancora 2 mesi dalla loro scomparsa. Nel secondo caso, invece, i sintomi sono del tutto assenti da almeno 2 mesi.
© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.
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