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Sto cadendo nella depressione? I sette segni del lutto “patologico”

Un grave lutto può rendere apatici e privi di speranza nel futuro. Se tempo fa hai perso qualcuno che amavi e, ancora oggi, non ti sei risollevato, forse hai il dubbio di poter essere depresso. Ecco come capirlo.

lutto patologico e depressione

Pensa alle tre persone che conosci meglio, a come si pongono di fronte alle difficoltà. La prima, magari, dimostra una tenacia implacabile: non si dà per vinta fino alla fine e oltre. Continua a rimuginare propositi di rivalsa perfino quando non c’è più niente da fare.

Anche la seconda si impegna ed è combattiva, ma riconosce quando una battaglia è persa ed è ora di gettare la spugna. Se non c’è alternativa, sa accettare la realtà così com’è.

La terza, infine, si abbatte. Forse perché non si fida delle proprie capacità, la maggior parte delle volte parte già sconfitta. E, appena il gioco si fa duro, ha l’istinto della fuga.

Le ragioni di reazioni tanto dissimili sono svariate. Non è solo un fatto di autostima. Piuttosto, c’entra la perseveranza, l’ostinatezza, il senso del dovere.

Per una ragione o per l’altra, tuttavia, ciascuno affronta le avversità a proprio modo. E questo “stile”, così si potrebbe chiamare, è adottato anche nei confronti di emozioni sgradite. C’è, per esempio, chi si oppone alla tristezza combattendola; chi la considera naturale e la accetta; chi ne è terrorizzato e fa l’impossibile per allontanarla da sé.

Il lutto è il sentimento della perdita. Il modo di viverlo dice molto su come si è portati ad affrontare gli eventi irreparabili, quelli su cui vi è ben poca possibilità di controllo.

Qualcuno che ti era molto caro ti ha appena lasciato. Il fatto è tanto grande che, dapprincipio, ti rifiuti di crederci. Quasi ti aspetti di vederlo comparire dalla porta e, sovrappensiero, all’ora di cena apparecchi per lui.

I giorni passano, ma tu non sei disposto a metterci una pietra sopra: vorresti rivederlo, anche sola una volta. E, in fondo, ciò che fai nasconde tale speranza. Lasci le sue cose dove stanno, nemmeno le tocchi, come se dovessero restare in ordine in vista del suo ritorno. Lo sai, sono azioni insensate, ma ti sembrerebbe irrispettoso, un sacrilegio, fare altrimenti. Questa è la parte emotiva di te, che non parla il linguaggio della razionalità.

Di settimana in settimana, nulla accade. Intanto, in te si fa strada la rabbia: verso chi ti dà spiegazioni consolatorie per tirarti su, verso te stesso e chi ti ha lasciato. Infine l’ira lascia spazio allo sconforto. Ti guardi intorno e sei solo. La perdita è una realtà innegabile.

Hai poca o nessuna voglia di reinventarti una vita, ti sembra troppo faticoso. E inutile. Che senso avrebbe? Ti senti anche in colpa all’idea: come se fosse un affronto verso chi se n’è andato e non ha la tua stessa possibilità di ricominciare.

Ma, in modo impercettibile, anche grazie a chi ti è rimasto accanto, poco a poco qualcosa dentro di te cambia: un giorno ti viene in mente che potresti piantare qualche nuovo fiore in giardino, per dargli un tocco di colore. Ricominci a vedere gli amici, di tanto in tanto; a sbrigare le faccende domestiche che avevi trascurato. Ci sono momenti in cui una profonda nostalgia ti assale, ma vivere torna ad avere un sapore.

Queste sono le fasi del lutto fisiologico, naturale. Se perdi qualcuno di importante ci passi attraverso. E alla fine ne esci.

A volte, tuttavia, non va così.

La perdita non elaborata: il lutto patologico

Vi sono tante forme di lutto patologico. C’è, per esempio, il lutto inibito. Chi ne soffre manifesta comportamenti d’evitamento quali il consumo di droghe o di farmaci e una generale scarsa attenzione per la propria salute: fuma o beve troppo, trascura i controlli medici, segue una cattiva alimentazione, è impulsivo nelle decisioni. E, così, la perdita finisce per essere un eterno capitolo aperto.

Si sa, i più esposti al rischio del lutto patologico hanno talune caratteristiche e un certo passato. Sono, in particolare, coloro che da piccoli hanno ricevuto un trattamento affettivo distaccato, freddo, ipercritico, aggressivo da parte di uno o di entrambi i genitori, oppure quelli che hanno subito perdite precoci.

Altro fattore di rischio è la qualità del supporto sociale: il lutto patologico è frequente nelle persone sole, laddove perdano colui con il quale avevano un rapporto affettivo stretto.

Quando un lutto si può considerare patologico? Secondo una semplice definizione, quando è troppo intenso o perdurante. Ma determinare la giusta durata di un lutto non è possibile e, nemmeno, si può stabilire se una sofferenza è eccessiva…

Tutti i lutti patologici nascondono la depressione. Il morale a terra, il senso di inutilità, la rabbia, perfino il desiderio di morire. Ma, per certi aspetti, questi sono sentimenti tipici, anche, dei lutti fisiologici. Come distinguere, allora, la normale depressione dovuta a una perdita in via d’elaborazione da quella che si trasforma in un disturbo cronico?

La normale depressione da lutto e quella patologica: le differenze

Un grave lutto può rendere apatici e privi di speranza nel futuro. Se tempo fa hai perso qualcuno che amavi e ancora oggi non ti sei risollevato, forse ti stai chiedendo: sono depresso? Ecco come puoi capirlo.

1 Che cosa senti, la maggior parte del tempo? L’anedonia, propria del lutto patologico, è l’incapacità di trarre piacere da attività o da circostanze che, in passato, apprezzavi. Sei anedonico, per esempio, se pur essendo socievole non gradisci più la compagnia altrui. Oppure se, da sportivo quale eri, adesso il movimento fisico non riesce ad appassionarti né a stimolarti. E la “normale” depressione da lutto? Quest’ultima è caratterizzata da una predominanza di senso di vuoto e di nostalgia, non dall’incapacità di vivere momenti di piacere o di conforto.

2 Quanto spesso ti capita di essere giù? In genere, nel lutto patologico il calo dell’umore è persistente. La tristezza, la mancanza di speranza e di aspettative per il futuro non sono legate a particolari ricordi o momenti ma, piuttosto, presenze costanti lungo il giorno, con rari momenti di ristoro. Diventano quasi un modo d’essere. Anche il lutto fisiologico è fatto di profonda disperazione, ma i sintomi sono mutevoli: sopraggiungono “a ondate”, assieme ai ricordi di chi è scomparso e, soprattutto, con il tempo incontrano una graduale remissione.

3 A cosa pensi, la maggior parte del tempo? Rimugini su te stesso, in modo autocritico e autopunitivo? Non riesci a immaginarti un futuro se non con pessimismo? Ti senti in colpa e inadeguato? Una persona che soffre di depressione da lutto patologico si riconosce da questo atteggiamento. Anche i pensieri di chi sta attraversando un lutto fisiologico non sono rosei, però sono centrati sul defunto più che su di sé. Può esserci il rimpianto di non avergli espresso amore quando era possibile, o il dubbio di non essergli stato abbastanza d’aiuto. Ma predomina la tristezza e non l’autobiasimo, lo smarrimento e non il pessimismo.

4 Pensi mai alla morte? Quanto spesso? Non è facile da ammettere ma, nella sofferenza, il pensiero della morte è naturale e può rappresentare un sollievo.... Idee simili, infatti, si hanno nel lutto fisiologico, ma sono discontinue e, soprattutto, vaghe. Ci si vorrebbe uccidere per evitare di guardare in faccia la solitudine, forse perfino per ricongiungersi alla persona amata. Non si arriva, però, a progettare un vero e proprio piano per farlo. La vera ideazione suicidaria, invece, è tipica della depressione da lutto patologico. In questo caso il proposito di togliersi la vita, oltre che all’idea di smettere di soffrire, è legato ai sensi di colpa e all’autobiasimo. Ed è piuttosto concreto.

5 Provi rabbia? Verso chi è diretta? Il depresso vede solo i propri difetti, ingigantendoli, e sembra incapace di attribuirsi qualità positive. In effetti, la rabbia è in buona parte nutrita da questa sua tendenza all’autocritica. Nel lutto fisiologico, invece, se c’è rabbia, essa di solito è rivolta verso l’esterno. Per esempio, il defunto può essere ritenuto colpevole “di essersene andato”, i medici di “non aver fatto di più”. A essere accusati possono essere il destino, o Dio stesso: chiunque possa essere additato, razionalmente o irrazionalmente, come responsabile dell’accaduto. Al contrario della rabbia autovessatoria che caratterizza la depressione, la rabbia che accompagna il lutto fisiologico è una valvola di sfogo per lenire la perdita.

6 Accetti l’aiuto altrui? Se hai una depressione da lutto patologico, forse ora vivi in un ritiro sociale pressoché completo: esci meno possibile, i pochi minuti necessari per fare una spesa veloce e sbrigare le faccende inevitabili. Magari rifiuti gli inviti degli amici e perfino quelli dei famigliari. Anzi, ti irrita questa loro assiduità nel cercarti, la reputi un’insopportabile intromissione. Forse ti hanno detto quanto è difficile starti vicino e che sembra impossibile coinvolgerti, distrarti, tirarti su di morale. Tu vorresti solo essere lasciato in pace. E nel lutto fisiologico? Non mancano i momenti di inconsolabilità, in cui si desidera restare soli. Tuttavia, vi è maggiore apertura nei confronti dell’aiuto offerto da altri, gratitudine e non fastidio.

7 Fai fatica a dormire? La depressione da lutto patologico, di solito, causa disturbi del sonno persistenti. Spesso, chi ne soffre prova farmaci uno dietro l’altro, che non funzionano se non per breve tempo e che sortiscono, poi, un gran numero di strani effetti collaterali. In particolare, può essere segno di depressione l’insonnia che si manifesta con i risvegli prematuri, nel cuore della notte, e la conseguente incapacità di riprendere sonno. Nel lutto fisiologico, invece, le difficoltà a dormire sono ondivaghe: a volte si fatica ad addormentarsi, altre ci risveglia prima del tempo, altre ancora si dorme ma senza riposo. Inoltre, questi sintomi tendono alla remissione spontanea, senza l’ausilio dei farmaci, nel giro di alcune settimane o qualche mese.

© Gabriele Calderone, riproduzione riservata.

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